La diagnosi di SLA è difficile: richiede diverse indagini mediche e la valutazione clinica ripetuta nel tempo da parte di un neurologo esperto. Non esiste, infatti, un esame specifico che consenta di accertare immediatamente e senza alcun dubbio la malattia. Compito del medico di famiglia è, quindi, quello di sospettare la SLA fin dai primi sintomi e di indirizzare subito il paziente al neurologo. Spesso, al termine degli esami iniziali (Tabella 1) sarà possibile solo formulare una diagnosi provvisoria: saranno state escluse alcune patologie, ma per giungere al responso definitivo occorrerà aspettare e valutare l’andamento della malattia nel tempo (Tabella 2). L’incertezza, quindi, potrebbe protrarsi anche per diversi mesi, con conseguenze pesanti sullo stato d’animo del malato. Se la diagnosi fosse incerta o provvisoria, può essere utile chiedere al proprio neurologo di indicare un collega esperto di SLA cui rivolgersi con la documentazione clinica per avere un secondo parere specialistico.
Un rapporto medico-paziente basato su fiducia reciproca e sincerità nella comunicazione è la miglior arma per affrontare il momento della diagnosi. Se questo rapporto non esiste, o è troppo fragile per sopportare l’angoscia legata a una prognosi grave, la diagnosi non è comunicata al malato bensì ai suoi familiari, che ricevono la pesante responsabilità di accompagnarlo nella conoscenza di una malattia misteriosa e senza nome.
Esami per arrivare alla diagnosi
Nella tabella qui sotto sono elencati i principali esami che vengono eseguiti prima di arrivare ad una diagnosi corretta di SLA, possono essere eseguiti in ordine differente e /o parziale a seconda delle indicazioni del medico che esegue l'indagine.